
Il Lambro costituisce dunque una sorta di imbuto di una grande zona che include non solo il Milanese, ma anche parte del Varesotto, del Comasco e della Brianza.
I progetti:
- VOLARE - ValOrizzare il fiume LAmbro nella Rete Ecologica regionale
Descrizione
Territori che convogliano al Lambro, direttamente o attraverso i bacini confluenti di Olona e Seveso, una quantità di reflui abnorme in rapporto alle portate naturali dei corsi d'acqua: in un bacino esteso complessivamente per 1980 kmq (l'8,3% della superficie regionale) si concentra una pressione, determinata da insediamenti civili e industriali, pari a quasi la metà dell'intero dato regionale. In pratica il Lambro in rapporto alla sua portata si fa carico di una intensità di scarichi di acque reflue civili e industriali oltre 11 volte superiore alla media degli altri bacini fluviali della Lombardia. Questo dato, più di ogni altro, dà la dimensione 'eroica' che deve necessariamente assumere l'azione di risanamento del bacino e dei corsi d'acqua. Una dimensione che però non può essere considerata a priori insostenibile, poiché proprio questa alta concentrazione di residenti e imprese deve poter consentire di impostare una governance adeguatamente efficace, potendo disporre di adeguate risorse economiche.
A una scala di maggior dettaglio si evidenzia che tale carico non è equamente distribuito, in quanto la stragrande maggioranza degli apporti si verificano nella porzione alta del bacino (nella ampia cintura a Nord del capoluogo milanese), principalmente nelle province di Milano, Monza e Brianza, Varese e Como, dove insiste la gran parte della popolazione residente nell'intero bacino.
Flora e fauna
Le attività agricole e industriali che da secoli l’uomo porta avanti nel bacino del Lambro, hanno radicalmente modificato la distribuzione della flora e della fauna che vivono attorno al fiume. Il Lambro nasce da una sorgente carsica a 944 metri sul livello del mare, immersa in un bosco di conifere dove a dominare sono l’abete rosso, il larice e i pini silvestri, seguiti da faggi, aceri e noccioli. È il regno dello scoiattolo, del riccio e del ghiro, ma anche della volpe, del capriolo e del cinghiale. Scendendo verso valle il territorio diventa via via più antropizzato e le conifere cedono il passo alle latifoglie fino ad arrivare in pianura. Un tempo dominata dalla quercia e dal carpino bianco, la foresta della Pianura Padana è oggi ridotta a piccoli frammenti isolati di bosco, spesso invasi da specie alloctone come la robinia. Tra le specie arboree caratteristiche dei boschi originari si ricordano il frassino, l’acero campestre, l’olmo e l’ontano nero, mentre per quanto riguarda lo strato arbustivo un ruolo primario è svolto da sambuco, nocciolo, biancospino e pungitopo. Anemoni dei boschi, pervinche e bucaneve sono invece le specie erbacee più diffuse. La fauna originaria vede come principali superstiti diversi uccelli, tra cui picchio, rampichino, torcicollo, usignolo cuculo e anche alcuni rapaci (allocco, poiana, gheppio e sparviero), ma anche numerosi mammiferi, tra cui tasso, coniglio selvatico, lepre, riccio e moscardino.
Tra gli ambienti attraversati dal Lambro è impossibile non citare quelli rurali, dove i boschi hanno lasciato spazio a pioppeti, campi di riso e altri cereali, spesso abitati da fagiani, quaglie, allodole e capinere, ma anche roditori, faine e donnole.
Per quanto riguarda le specie ittiche, negli ultimi anni erano tornate a nuotare tra le acque del Lambro la trota, la carpa, la tinca e il gabbione, ma resta da verificare se lo sversamento di petrolio del 23 febbraio 2010 non ha compromesso quello che era stato faticosamente ottenuto attraverso interventi di recupero ambientale.